Un avvocato veniva condannato per il delitto di corruzione in atti giudiziari di cui agli artt. 110, 81 e 319-ter c.p., in quanto aveva corrisposto, nella qualità di difensore di plurimi soggetti sorvegliati speciali di pubblica sicurezza, utilità non dovute ad un giudice di pace, affinché costui compiesse atti contrari ai doveri d’ufficio in violazione dei doveri di imparzialità ed indipendenza propri dell’esercizio della funzione giurisdizionale.

Secondo l’ipotesi di accusa, il giudice si era posto a disposizione dell’avvocato, asservendo e piegando il proprio ruolo al soddisfacimento delle aspettative del difensore, riservando alle cause di quest’ultimo una corsia preferenziale.

In particolare, aveva alterato il meccanismo di assegnazione del contenzioso, trattenendo sei ricorsi presentati dall’amico e smistandone altre sei ad un altro “compiacente” giudice di pace, in violazione della precostituzione del giudice naturale per legge; aveva emanato tempestivamente i provvedimenti di sospensione della revoca della patente di guida e dilatato, in maniera ingiustificata, il corso della procedura, mediante pretestuosi rinvii della trattazione, in modo da vanificare la misura disposta dal prefetto e far coincidere la durata del processo di merito con quella della revoca della patente di guida.

Il giudice avrebbe, per tali favori, ricevuto dall’avvocato utilità non dovute, fra le quali, in occasione di festività natalizie, una confezione contenente aragoste, salmone, caviale e champagne.

Ad avviso della Cassazione (che ha dichiarato inammissibile il ricorso), nel delitto di corruzione in atti giudiziari, per stabilire se la decisione giurisdizionale sia conforme o contraria ai doveri di ufficio, deve aversi riguardo non al suo contenuto ma al metodo con cui ad essa si perviene, nel senso che il giudice, che riceve da una parte in causa denaro od altra utilità o ne accetta la promessa, rimane inevitabilmente condizionato nei suoi orientamenti valutativi, e la soluzione del caso portato al suo esame, pur accettabile sul piano della formale correttezza giuridica, soffre comunque dell’inquinamento metodologico a monte.