di Simone Ferrari

Il Tribunale ha condannato un soggetto perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 727 co. 2 c.p., per aver detenuto un cane in condizioni incompatibili con la natura dell’animale e produttive di gravi sofferenze, e segnatamente per avere utilizzato sul medesimo un collare elettrico produttivo di scosse trasmesse tramite comando a distanza (€ 5.000 di ammenda).

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, che era il padrone dell’animale sul quale i Carabinieri, durante un servizio di controllo venatorio, accertavano essere stato apposto un collare con due elettrodi posti a diretto contatto con la pelle, in quanto privi dei prescritti tappi di copertura, mentre nella disponibilità del soggetto veniva trovato un telecomando: l’utilizzo del collare era pertanto produttivo di gravi sofferenze sull’animale, essendo irrilevante, ai fini dell’integrazione della fattispecie, la finalità di addestramento.

In particolare, non rileva tanto la finalità dell’utilizzo del collare elettrico, finalità educativa/addestramento, ma la circostanza che il detto collare produca gravi sofferenze che la norma penale è diretta a punire. Gravi sofferenze conseguenti all’uso del collare, come nel caso concreto.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il suo utilizzo integra il reato di cui all’art. 727 c.p., in quanto concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale (Cass. pen., Sez. III, n. 3290/2018). L’inflizione di scariche elettriche è produttiva di sofferenze anche sul sistema nervoso dell’animale, in quanto volto ad addestrarlo attraverso lo spavento e la sofferenza.

Anche l’art. 7 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia stabilisce che “nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono danneggiare la sua salute e il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che causano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili”.

In conclusione, la Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso.