di Simone Ferrari
Ai sensi dell’art. 327 bis c.p.p. il titolare del potere di svolgere investigazioni difensive è il difensore, che ha segnatamente la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito. Tuttavia, il legislatore ha previsto la possibilità che le attività di investigazione siano svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e da consulenti tecnici.
Questi soggetti (che per brevità chiamiamo «investigatori») ben possono mettere i propri poteri al servizio di eventuali interviste del criminologo.
La scelta degli intervistati ha poco di giuridico, venendo piuttosto in rilievo il metodo e l’intuito del criminologo; ma, per rintracciarli, l’avvocato può utilmente rivolgersi, se del caso, ad un investigatore privato, che oggi è addirittura libero di attivare la sede anche in locali nei quali insistano studi legali.
Orbene, l’art. 391 bis c.p.p. disciplina tre distinte modalità di acquisizione, che consistono nello svolgimento di un colloquio non documentato, nel rilascio di una dichiarazione scritta e nell’assunzione di informazioni da verbalizzare.
Riguardo quest’ultima modalità, il codice non precisa in dettaglio lo svolgimento dell’atto. Di regola il difensore può chiedere al possibile testimone di narrare liberamente quanto è a sua conoscenza, oppure può condurre l’intervista formulando domande; è anche possibile che la narrazione sia guidata dalle domande di colui che conduce l’intervista.
In particolare, (I) la prima regola è quella di avere una conoscenza del soggetto da sentire. Non si può stabilire a priori il sistema o il metodo da applicare alla conversazione se prima non si sa con chi si ha a che fare: è quindi conveniente iniziare la conversazione chiedendo notizie sulla vita in generale dell’esaminando. (II) Altra regola basilare è quella di non avere fretta, di mantenere un contegno sereno, anche di fronte alla menzogna e alla reticenza. (III) È inoltre buona regola non sottoporre l’esaminato ad eccessivo stress, ponendo le domande in modo tale da concedergli il tempo necessario per riflettere prima di fornire le risposte richieste. (IV) Le domande devono essere brevi, chiare, precise, facilmente comprensibili e adeguate alle capacità dell’interrogando; (V) possono essere indeterminate (forniscono risultati più proficui, perché agevolano i ricordi e non suggestionano) o determinate (da evitare, perché prevengono il teste, possono suggestionarlo e non stimolano i ricordi). (VI) È fondamentale che nella relazione interpersonale che si viene a creare, l’investigatore abbia un atteggiamento di ascolto, per poter attingere informazioni il più possibile spontanee (U. Fornari, Presentazione di B.F. Carillo, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei fenomeni criminali, Edi-Ermes, 2010, XIII).
Le informazioni devono essere verbalizzate dal difensore o dal sostituto secondo le regole generali di documentazione degli atti del procedimento penale in quanto applicabili (art. 391 ter co. 3 c.p.p.). Il codice precisa che per la materiale redazione del verbale il difensore può avvalersi di persone di sua fiducia e vieta che all’assunzione delle informazioni assistano l’indagato, l’offeso e le altre parti private (art. 391 bis co. 8 c.p.p.): si tratta di una previsione finalizzata ad evitare possibili influenze o pressioni sul dichiarante dovute alla presenza della persona assistita dal difensore. Nulla vieta, di conseguenza, che il criminologo e/o l’investigatore privato autorizzato possano assistere all’intervista.
Vi è inoltre un’apposita disciplina relativa all’ipotesi in cui la persona, che sia stata sentita in qualità di possibile testimone, renda nel corso delle informazioni una dichiarazione dalla quale emergano indizi a proprio carico (art. 391 bis co. 9 c.p.p.). La normativa è analoga a quella vigente per l’autorità giudiziaria (art. 63 co. 1 c.p.p.): dal momento in cui la persona intervistata rende dichiarazioni, dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, il difensore deve interrompere l’assunzione di informazioni; le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
Circa i limiti di discrezionalità riconosciuti al difensore, una volta che egli abbia scelto di assumere le dichiarazioni da verbalizzare, va detto che tutte le domande e le risposte devono essere documentate fedelmente. Il difensore può ritenere che le dichiarazioni non siano utili per la posizione del proprio cliente; in tal caso non è obbligato a produrre il verbale nel corso del procedimento. Tuttavia, se decide di produrlo, il verbale non può essere manipolato: il difensore deve scegliere fra non presentarlo o presentarlo nella sua interezza (non può eliminare le dichiarazioni sfavorevoli alla parte che assiste).
Infine, la L. n. 397/2000 ha messo a disposizione del difensore due strumenti procedurali attivabili nell’ipotesi che la persona convocata si avvalga della facoltà di non rispondere.
Il difensore può chiedere che la persona sia sentita con incidente probatorio anche fuori dei casi di non rinviabilità disciplinati dall’art. 392 c.p.p.; oppure può chiedere al pubblico ministero di disporre l’audizione del possibile testimone. Naturalmente, occorre che la persona sia in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa.
L’audizione presso il pubblico ministero è disciplinata dall’art. 391 bis co. 10 c.p.p.: il difensore gli deve indicare le circostanze in relazione alle quali vuole che la persona sia sentita e le ragioni per le quali le circostanze medesime sono utili ai fini delle indagini. Il pubblico ministero, valutata la richiesta, «dispone» entro sette giorni l’audizione, che si svolge alla presenza del difensore che per primo formula le domande: l’organo della pubblica accusa non può sottrarsi alla richiesta avanzata dal difensore.
Va notato che il terzo comma dell’art. 371 bis c.p. (false informazioni al pubblico ministero) statuisce che le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell’ipotesi prevista dall’art. 391 bis co. 10 c.p.p., anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore: di conseguenza il possibile testimone, che sia sentito congiuntamente dal pubblico ministero e dal difensore, non ha più quella facoltà di tacere che gli era riconosciuta nel corso dell’intervista privata.