di Simone Ferrari

Il Tribunale aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 365 c.p. (omissione di referto), escludendo che con riguardo a lesioni stradali il sanitario abbia l’obbligo di referto quanto alla prognosi secondaria, attestata in certificati stilati a prolungamento dei giorni di malattia, rispetto ad una prima prognosi da altri espressa, seppur per sommatoria si addivenga ad un periodo di malattia superiore a 40 giorni.

Aveva presentato ricorso il PM: l’assunto che l’obbligo di referto sia riferibile alla notizia di reato, perseguibile d’ufficio, appresa originariamente, e non al sopravvenuto regime di procedibilità, deve ritenersi erroneo, in quanto rispetto al delitto di lesioni stradali l’obbligo, secondo il ricorrente, sorge in capo al medico che ha rilasciato il certificato con cui si supera la prognosi di giorni 40, venendo in rilievo un reato diverso perseguibile d’ufficio e un adempimento funzionale al rispetto dell’obbligo di esercizio dell’azione penale.

Orbene, ad avviso della Cassazione il ricorso è fondato. Infatti, il delitto di omissione di referto, che ha natura di reato di pericolo, in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio all’Autorità Giudiziaria competente della notizia qualificata di un reato, includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale, è ravvisabile con riguardo ad una condotta omissiva, che risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio, dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto.

Nel caso di specie, non è dubbio che l’imputato avesse avuto contezza di un periodo di guarigione superiore a 40 giorni, tale da rendere configurabile il delitto di lesioni stradali gravi (art. 590 bis c.p.), che deve considerarsi reato autonomo, procedibile d’ufficio.

In sostanza, rileva il fatto che la prestazione sanitaria, non implicante l’assunzione della veste di pubblico ufficiale, abbia posto l’esercente la relativa professione in grado di avvedersi di un reato procedibile d’ufficio, tale a quel punto da imporre la redazione del referto: in quel momento sorge l’obbligo di porre l’Autorità Giudiziaria in condizione di svolgere indagini in vista dell’eventuale esercizio dell’azione penale, essendo inconferente che la persona offesa possa denunciare il fatto o che eventuali verifiche possano essere effettuate dalla Polizia Giudiziaria ed essendo altresì inconferenti ulteriori accertamenti riguardanti l’effettiva consistenza delle lesioni.

Del resto, non si trattava di mero mutamento del regime di procedibilità bensì di cognizione di un reato diverso, cioè l’autonomo reato di lesioni stradali gravi, in relazione al quale l’obbligo di referto era specificamente insorto al manifestarsi di un diverso periodo di guarigione.

In conclusione, la Corte Suprema ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.