di Salvatore Micalizzi
Durante lo svolgimento di indagini, la polizia giudiziaria (di seguito P.G.) può avere la necessità di assumere sommarie informazioni da persone che possono riferire circostanze utili.
Occorre procedere con le dovute cautele durante la raccolta di queste informazioni, in quanto molto utili – se non talvolta fondamentali – in ottica processuale.
Le dichiarazioni possono essere rese davanti all’autorità giudiziaria o alla P.G.: in entrambi i casi, la persona ha l’obbligo di dire la verità.
Basti pensare, per quanto riguarda il dibattimento, che il presidente avverte il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti (art. 497 co. 2 c.p.p.).
La persona esaminata è considerata estranea al reato e non è quindi necessaria la presenza del difensore per il compimento dell’atto.
Il procedimento inizia con l’invito a presentarsi presso gli uffici di P.G.; se la persona non osserva questo provvedimento dell’Autorità, commette la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p.
La P.G. assume così sommarie informazioni ex art. 351 c.p.p., con domande e risposte da verbalizzare.
Copia del verbale non viene consegnata al dichiarante, a beneficio poi di eventuali contestazioni nell’esame testimoniale ex art. 500 c.p.p.
Può succedere che la persona renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico: ad esempio, durante l’escussione di una persona presente ad una rissa, emerge che questa vi ha partecipato.
In questo caso, trova applicazione l’art. 63 c.p.p.: “Dichiarazioni indizianti. – 1. Se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. 2. Se la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate”.
Il dichiarante diventa così indagato e si procede all’identificazione, all’elezione/dichiarazione di domicilio, alla nomina del difensore, ecc.
Se la P.G. ritiene di dover assumere sommarie informazioni proprio dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, si applica l’art. 350 c.p.p.: le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la P.G. dà tempestivo avviso (il difensore ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto).
Si fa presente, infine, che sono inutilizzabili le dichiarazioni “provocate” da un operatore della P.G. il quale, dissimulando tale sua qualifica e funzione, rivolga domande inerenti ai fatti criminosi oggetto di indagine a chi appaia fin dall’inizio in tali fatti coinvolto quale indiziato di reità, allo scopo di ottenere dalla persona, già colpita da indizi di un reato, dichiarazioni che possano servire alla prova di questo e della relativa responsabilità. Ne consegue che di tali dichiarazioni non può tenersi conto non solo nei confronti di chi le ha rilasciate, ma anche nei confronti degli indagati per il medesimo fatto ovvero per fatti connessi o collegati, secondo quanto dispone l’art. 63 c.p.p. e neppure può avere rilevanza il fatto che tali dichiarazioni siano state acquisite a dibattimento con il consenso delle parti, non avendo queste la disponibilità di rinunziare ad eccepire la sanzione di inutilizzabilità (Cass. pen., Sez. VI, n. 13623/2003).