di Simone Ferrari
Corte cost. n. 88-2019
Di seguito l’ordinanza del Tribunale di Torino che ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate le due questioni di legittimità costituzionale, scritte da me e discusse dall’Avv. Riccardo Salomone.
N. 139 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 giugno 2018
Ordinanza dell'8 giugno 2018 del Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di V. M. Reati e pene - Lesioni personali stradali gravi o gravissime - Computo delle circostanze - Divieto di prevalenza e/o equivalenza dell'attenuante speciale prevista dall'articolo 590-bis, comma 7, cod. pen. - Codice penale, art. 590-quater, introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). Circolazione stradale - Sanzioni amministrative accessorie - Reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime - Applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida - Divieto di conseguimento di una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2 e 3-ter, come, rispettivamente, modificato e introdotto dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).
(GU n. 40 del 10-10-2018)
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sesta sezione penale Alla pubblica udienza del giorno 8 giugno 2018, presenti il pubblico ministero e il difensore dell'imputata, che la rappresenta ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 del codice di procedura penale, il giudice dott. Modestino Villani ha dato lettura della seguente ordinanza. M. V. nell'odierno processo e' imputata del delitto di cui all'art. 590-bis, c. 1, 5 numeri 2 e 7 del codice penale perche', alla guida dell'autovettura targata ... per negligenza, imprudenza, imperizia e violando le norme in materia di circolazione stradale, in particolare, non rispettando l'indicazione luminosa del semaforo proiettante luce rossa, investiva il pedone P. B. M. che stava impegnando l'attraversamento pedonale, procurando a quest'ultima lesioni personali (fratture maxillo-facciali, trauma cranico, frattura scapola) giudicate guaribili in giorni 60 s.c., con il concorso di colpa del pedone che a propria volta attraversava con luce semaforica rossa. In Moncalieri (TO) in data 22 aprile 2016. La difesa dell'imputata ha in via preliminare richiesto che il giudice rimettesse le parti dinanzi alla Corte costituzionale dubitando della legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, dell'art. 222, comma 2 e comma 3-ter e dell'art. 224, comma 2, del decreto legislativo n. 285/1992 nonche' dell'art. 590-bis del codice penale, norme che impongono in caso di condanna la revoca della patente non consentendo alcuna valutazione discrezionale o potere del giudice di modulare la sanzione alla gravita' del fatto. Con nota integrativa del 7 maggio 2018 la difesa dell'imputata ha anche dubitato della costituzionalita' dell'art. 590-quater del codice penale nella parte in cui non consente un giudizio di equivalenza o di prevalenza dell'attenuante del concorso di colpa della persona offesa rispetto alle aggravanti dell'art. 590-bis del codice penale. Ad avviso di questo giudice le questioni sollevate dalla difesa dell'imputata sono non manifestamente infondate e rilevanti, nei limiti di cui si dira' in prosieguo di motivazione. Elementi di fatto Dalla formulazione del capo d'imputazione emerge che all'imputata e' contestata la nuova fattispecie autonoma di reato prevista dall'art. 590-bis per aver causato, con le modalita' di condotta sopra descritte, lesioni gravi alla persona offesa: con l'aggravante di aver commesso il fatto non rispettando l'indicazione luminosa del semaforo proiettante luce rossa e con l'attenuante del concorso di colpa del pedone che a propria volta attraversava con semaforo rosso. La rilevanza delle questioni In caso di condanna dell'imputata questo giudice sarebbe chiamato in primo luogo a valutare il rapporto tra le attenuanti e le aggravanti contestate non potendo, in forza del disposto dell'art. 590-quater del codice penale, emettere un giudizio di equivalenza o di prevalenza dell'attenuante del concorso di colpa, ancorche' sulla applicabilita' della suddetta attenuante non possano esservi dubbi essendo indicata gia' nel capo d'imputazione. Non potendo questo giudice attribuire all'imputato un grado di colpa maggiore di quello contenuto nel capo d'imputazione, necessariamente infatti dovra' tener conto del concorso della persona offesa che ha attraversato la strada allorquando il semaforo le indicava l'obbligo di fermarsi. L'applicazione dell'attenuante rende rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater del codice penale che impedisce di ritenere l'attenuante di cui sopra equivalente o prevalente rispetto all'aggravante - contestata nel capo d'imputazione - di avere l'imputata, alla guida della propria autovettura, attraversato anch'essa l'incrocio con semaforo proiettante luce rossa. Di conseguenza questo giudice potrebbe ridurre la pena per l'attenuante del concorso di colpa esclusivamente fino alla meta' della pena prevista per il delitto aggravato ai sensi del comma 5, n. 2 dell'art. 590-bis del codice penale (pena prevista: da un anno e sei mesi a tre anni) e dunque fino al minimo di mesi nove di reclusione. Se invece fosse possibile il bilanciamento, in caso di ritenuta equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe essere quella di mesi tre di reclusione e per l'ipotesi di prevalenza dell'attenuante la pena minima potrebbe essere quella di mesi uno e giorni quindici di reclusione. In caso di condanna dell'imputata questo giudice dovrebbe poi applicare le sanzioni amministrative previste dall'art. 222 del codice della strada e in particolare dovrebbe disporre la revoca della patente, mentre in caso di dichiarazione di incostituzionalita' della norma, la sanzione amministrativa sarebbe quella della sospensione della patente. Di conseguenza non potrebbe dubitarsi della pertinenza delle questioni prospettate e della rilevanza delle stesse nel presente giudizio in relazione all'art. 590-quater del codice penale e all'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992. Quanto invece all'art. 224, comma 2 del medesimo decreto legislativo - il quale prevede che quando la sanzione amministrativa accessoria e' costituita dalla revoca della patente, il prefetto, entro quindici giorni dalla comunicazione della sentenza o del decreto di condanna irrevocabile, adotta il relativo provvedimento di revoca comunicandolo all'interessato e all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri - non ritiene questo giudice che la prospettata incostituzionalita' sia rilevante in questo giudizio. La norma prevede, infatti, una mera attivita' di tipo esecutivo, demandata al prefetto, con la quale viene data concreta attuazione alla sanzione amministrativa prevista dall'art. 222, comma 2 del decreto legislativo n. 285 del 1992. Ad assumere rilevanza in questo giudizio sono, invece, la legittimita' costituzionale della sanzione amministrativa della revoca della patente e della determinazione del tempo necessario per poter conseguire un nuovo titolo abilitativo, non le modalita' di attuazione concreta della revoca. Le norme la cui costituzionalita' e' posta in dubbio. L'art. 590-quater del codice penale. La questione di costituzionalita' dell'art. 590-quater del codice penale nella parte in cui non consente un giudizio di equivalenza dell'attenuante del concorso di colpa della persona offesa rispetto alle aggravanti dell'art. 590-bis del codice penale risulta essere gia' stata sollevata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in relazione ad un'ipotesi di omicidio colposo. Le motivazioni addotte dal giudice remittente nell'esaminare la disposizione dell'art. 590-quater del codice penale in relazione all'art. 589-bis del codice penale si attagliano, ad avviso di questo giudice, anche alla relazione tra art. 590-quater e art. 590-bis del codice penale. Le stesse possono sinteticamente riassumersi, posto che la questione gia' pende innanzi alla Corte costituzionale, nei seguenti punti. 1. Con l'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41, il legislatore ha introdotto nel codice penale l'art. 590-quater, che disciplina il computo delle circostanze. La norma introduce per i reati di cui agli articoli 589-bis, 589-ter, 590-bis e 590-ter una deroga alla disciplina generale prevista dagli articoli 63 e seguenti del codice penale. In virtu' di tale nuova disposizione, e' dunque previsto il divieto di equivalenza o di prevalenza delle circostanze attenuanti (diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale) sulle circostanze aggravanti di cui agli articoli 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 589-ter, 590-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma e 590-ter. In caso di concorrenza di una o piu' delle predette circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti, le diminuzioni conseguenti al riconoscimento delle attenuanti si operano sulla quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti. 2. La Corte costituzionale si e' gia' espressa sulla legittimita' in relazione a fattispecie analoghe, su tale divieto, stabilendo che le deroghe al bilanciamento possono essere ritenute costituzionalmente legittime, purche' non trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (cfr. sentenza n. 68 del 2012). 3. In particolare ad avviso della Corte costituzionale le deroghe al bilanciamento delle circostanze non sono legittime se determinano un'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilita' penale (cfr. sentenza n. 251 del 2012). 4. L'art. 590-bis, settimo comma prevede che qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole la pena e' diminuita fino alla meta', consentendo al giudice di adeguare la sanzione al grado effettivo di colpa dell'imputato rispetto al fatto contestato. 5. In forza del divieto di dare prevalenza alle circostanze aggravanti dell'art. 590-bis e dell'obbligo di riconoscere la diminuzione solo sulla pena aggravata il soggetto al quale, come nel caso concreto, sia contestata l'aggravante dell'aver attraversato un'intersezione con il semaforo disposto al rosso, causando lesioni gravi, deve essere punito con una pena che in caso di riconoscimento del concorso di colpa va da mesi nove (anni uno e mesi sei ridotta della meta') ad anni due mesi undici e giorni ventinove di reclusione (anni tre meno un giorno). Laddove fosse possibile il bilanciamento e il riconoscimento della prevalenza dell'attenuante la pena irrogabile per l'ipotesi delle lesioni gravi andrebbe invece da mesi uno e giorni quindici a mesi undici e giorni ventinove di reclusione. 6. Per effetto della disposizione di cui all'art. 590-quater si ha un indiscriminato incremento del minimo pari a sei volte e si impedisce al giudice di parametrare la pena all'effettivo grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento. Tale limitazione della discrezionalita' del giudice nella valutazione del fatto appare arbitraria ed irragionevole, ed in netto contrasto con i principi costituzionali di cui gli articoli 3, e 27 della Costituzione. 7. Come la Corte costituzionale ha avuto modo di evidenziare una pena eccessiva lede il principio di rieducazione della pena, qualora non sia proporzionata al reale disvalore della condotta punita, ed e' in contrasto con l'art. 27 della Costituzione. 8. Pur restando insindacabili le valutazioni discrezionali sull'entita' della pena che spettano in via esclusiva al Parlamento, le modalita' di individuazione della pena e di bilanciamento delle circostanze determinano ingiustificabili incongruente nelle scelte gia' delineate dal legislatore a tutela di un determinato bene giuridico, in violazione dell'art. 3 della Costituzione e devono essere, ove possibile, eliminate. 9. In particolare, limitando il giudizio alla coerenza e alla proporzionalita' delle sanzioni rispettivamente attribuite dal legislatore a ciascuna delle due fattispecie di cui si compone il reato di lesioni colpose stradali, appare possibile pervenire ad un giudizio di manifesta irragionevolezza per sproporzione della forbice edittale censurata, in quanto tutte le diverse fattispecie delle lesioni stradali aggravate, ai sensi del comma 5 dell'art. 590-bis del codice penale dal concorrere con una violazione di norme specifiche del codice della strada, risultano punite in maniera sproporzionata rispetto alla fattispecie delle lesioni da circolazione stradale previste dal primo comma del medesimo articolo. Il divieto di bilanciamento delle circostanze impedisce al giudice di sanare tale sproporzione, adeguando la sanzione al caso concreto, persino allorquando minima e' l'incidenza della condotta dell'imputato nella determinazione dell'evento. Ne consegue l'assoggettamento a sanzione eccessiva - rispetto a quella prevista per agli autori di lesioni stradali con colpa minima non aggravati ai sensi del comma 5 - degli autori di eventi identici con identica percentuale (minima) di colpa solo perche' abbiano violato una specifica norma del codice della strada: e' evidente che una sanzione cosi' irragionevolmente congegnata non puo' che essere percepita come eccessiva da chi la subisce, cio' che puo' compromettere la finalita' rieducativa della pena. L'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992. 1. La norma, della cui legittimita' costituzionale si dubita, prevede in primo luogo che quando dalle violazioni del medesimo codice derivino danni alle persone, il giudice applichi oltre alle sanzioni pecuniarie anche le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente. Il secondo comma nella versione precedente all'ultimo intervento operato con la legge 23 marzo 2016, n. 41, graduava i tempi della sospensione della patente in funzione dei danni cagionati alla persona offesa. La revoca della patente era prevista per l'ipotesi di lesioni causate da soggetti in stato di alterazione psicofisica da alcool o sostanze stupefacenti e poteva essere comminata facoltativamente per l'ipotesi di (atecnica) recidiva. Con la legge 23 marzo 2016, n. 41, al comma 2 dell'art. 222 del codice della strada sono stati aggiunti gli ulteriori periodi Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena. Sempre la legge 23 marzo 2016, n. 41, ha introdotto altresi' il comma 2-ter in forza del quale l'interessato non puo' poi conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Tale termine e' raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e i-bis, del codice della strada. Il termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. 2. Il primo profilo di irragionevolezza della norma evidenziato dalla difesa dell'imputata - ovverosia la contraddittoria contemporanea previsione della sospensione e della revoca della patente - in realta' puo' essere ricondotto ad un evidente difetto di coordinamento, alla luce del quale appare chiaro come il legislatore abbia inteso aggravare la precedente normativa prevedendo la piu' grave sanzione della revoca della patente che assorbe quella della sospensione. 3. La suddetta scelta del legislatore pero' travalica, ad avviso di questo giudice, i limiti della ragionevolezza allorquando sottopone, senza possibilita' di graduazione, alla medesima sanzione accessoria situazioni la cui ontologica diversita' e' invece attestata dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali, graduate in funzione di un diverso disvalore sociale. Il legislatore pone invero, in primo luogo, sullo stesso piano - quanto all'individuazione della sanzione amministrativa accessoria - le lesioni gravi, le lesioni gravissime e l'omicidio colposo, derivanti da violazioni di norme del codice della strada facendo discendere dalla condanna o dall'applicazione della pena, ancorche' condizionalmente sospesa, la revoca della patente. L'art. 222 del codice della strada, non lascia al giudice alcuna possibilita' di commisurare la sanzione accessoria alla gravita' del danno, alle modalita' della condotta, all'intensita' della colpa e al concorrere di altri fattori (quali ad esempio il concorso della persona offesa). Ne' puo' dirsi che il trattamento indifferenziato di condotte del tutto disomogenee venga meno in forza dei differenti intervalli di tempo previsti per il conseguimento della patente dopo la revoca. Ai sensi dell'art. 222, comma 2-ter del decreto legislativo n. 285/1992, infatti, nel caso di applicazione della sanzione accessoria ... (della revoca della patente...) per i reati di cui agli articoli 589-bis, primo comma, e 590-bis del codice penale, l'interessato non puo' conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Il medesimo intervallo di tempo di cinque anni prima di poter conseguire nuovo titolo abilitativo alla guida e' previsto infatti: a) per chi sia condannato per omicidio colposo ai sensi dell'art. 589-bis, comma 1 del codice penale; b) per chi venga condannato per aver causato lesioni gravissime, ai sensi dell'art. 590-bis del codice penale, anche allorquando si sia posto alla guida in stato di ebbrezza violato plurime norme del codice della strada alle quali e' agganciato un aumento della sanzione penale e in assenza di concorso di colpa della persona offesa; c) per chi venga condannato per aver provocato lesioni gravi ai sensi dell'art. 590-bis del codice penale anche in assenza di violazioni di norme del codice della strada alle quali sia collegato un aggravamento della sanzione penale e anche in caso di concorso di colpa prevalente della persona offesa. Il termine e' poi raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e 1-bis, del presente codice. Il termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. L'unico elemento dunque che determina una sanzione amministrativa deteriore e' la violazione dell'art. 189 del codice della strada ovverosia la commissione di un delitto doloso. L'altra circostanza che determina un trattamento deteriore infatti concerne condotte e condanne pregresse e non attiene alle modalita' del fatto concreto. 4. Il combinato disposto dell'art. 222, comma 2 e comma 3-ter del decreto legislativo n. 285 del 1992 appare dunque in contrasto con i principi di uguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza in quanto pone sullo stesso piano e applica la medesima sanzione, non concedendo possibilita' di graduazione, a fatti-reato diversi quanto all'evento (omicidio colposo, da un lato, e lesioni colpose gravi o gravissime dall'altro) e frutto di condotte che oltre ad essere del tutto eterogenee, sono state espressamente previste in modo dettagliato e specifico, con graduazione delle pene, proprio dagli articoli 589-bis del codice penale e 590-bis del codice penale. Il legislatore quindi pur avendo differenziato sul piano penalistico le fattispecie delle lesioni colpose e dell'omicidio colposo derivanti da violazioni del codice della strada e pur avendo fornito anche all'interno delle due diverse norme regolamentatrici chiari criteri di individuazione di un diverso disvalore attribuito alle condotte dettagliatamente descritte, non ha poi trasposto tale distinzione nell'art. 222 del codice della strada laddove ha disciplinato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. 5. Non dubita invero questo giudice della natura amministrativa della sanzione della revoca della patente, piu' volte ribadita anche dalla suprema Corte (cfr. Cassazione n. 42346/2017) la quale fa discendere, da una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, la natura amministrativa della stessa e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale. Ne' ignora il giudicante che la Consulta ha, altresi', sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato i suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena, ai sensi dell'art. 7 CEDU, al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l'effetto di sottrarre gli illeciti, cosi' depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli articoli 6 e 7 della Convenzione EDU senza voler porre in discussione la discrezionalita' dei legislatori nazionali nell'adottare strumenti sanzionatori ritenuti piu' adeguati dell'illecito penale (Corte costituzionale n. 49/2015). Pur riconoscendo la natura amministrativa della sanzione questo giudice pero' ritiene di doversi consapevolmente discostare da quanto ritenuto dalla suprema Corte ovverosia che l'obbligatorieta' dell'irrogazione della sanzione amministrativa, derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell'esercizio ragionevole del potere legislativo... non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalita' rispetto alle sanzioni penali (cfr. Cassazione n. 42346/2017). 6. Nel caso della norma sottoposta al vaglio preventivo del giudicante infatti un'unica sanzione amministrativa, in nessun modo attenuabile in concreto, risulta invero connessa a fatti-reato che, proprio con l'unica legge che ha riformato contemporaneamente il codice penale e il codice della strada, sono stati considerati dal legislatore meritevoli di un diverso trattamento sanzionatorio penale dettagliatamente graduato. Di tal guisa, pur condividendosi la premessa da cui muove la suprema Corte nell'individuare la scelta della sanzione amministrativa come manifestazione del potere discrezionale del legislatore, la questione della violazione dell'art. 3 della Costituzione, ad avviso di questo giudice, non puo' ritenersi manifestamente infondata in quanto le contraddittorieta' sopra evidenziate appaiono indice di quella manifesta irragionevolezza, se non arbitrio, che rende sindacabile dalla Corte costituzionale anche le scelte che costituiscono espressione della discrezionalita' del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi (cfr. Corte costituzionale n. 43 del 2017). Ne' reputa infine questo giudice che ad escludere la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' possa avere rilevanza la finalita' preventiva, che connota la sanzione amministrativa rispetto a quella sanzionatoria. Anche in relazione al perseguimento di tali finalita' invero il legislatore non puo' travalicare i limiti della ragionevolezza senza incorrere in censure di incostituzionalita'. 7. La natura amministrativa della sanzione prevista dall'art. 222 del codice della strada rende invece ad avviso di questo giudice manifestamente infondata la questione in relazione all'art. 27 della Costituzione e segnatamente alla finalita' rieducativa che attiene alla pena.
P. Q. M. Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater del codice penale (introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41) in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e/o equivalenza dell'attenuante speciale prevista dall'art. 590-bis, comma 7 del codice penale. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2 e comma 3-ter del decreto legislativo n. 285/1992 come rispettivamente modificato e introdotto dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1), e dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 2) della legge 23 marzo 2016, n. 41, nella parte in cui prevedono rispettivamente la revoca della patente di guida e l'impossibilita' di conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Sospende il presente procedimento ed ordina l'immediata trasmissione, previa acquisizione della prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni, degli atti alla Corte costituzionale in Roma. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente dei Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ordinanza comunicata alle parti mediante lettura in udienza. Il Giudice: Villani