Dr. Pierpaolo De Pasquale
Criminologo – Esperto in Scienze Forensi
Collaboratore Master in Scienze Forensi presso La Sapienza – Università di Roma
Se la deontologia è l’insieme delle regole morali che disciplinano l’esercizio di una determinata professione, la stessa è definibile come “scienza” che studia i comportamenti dell’avvocato. Scienza che attiene a tutte le sfere di operatività del professionista forense che svolge un’attività delicata, di alta intensità morale e ad alto coinvolgimento emotivo, personale ed etico: chi decide di prestare la propria opera deve essere diligente, serio, leale e tenere un comportamento decoroso anche al di fuori delle proprie funzioni.
“È indispensabile che il difensore, che intende svolgere l’indagine difensiva, osservi con meticolosità una regola basilare: quella dell’agire corretto. Il precetto deontologico è destinato ad essere compreso con più forza, così come il dovere di difesa viene a significare dovere di ricerca delle prove e di indagine difensiva” (E. Stefani, Codice dell’indagine difensiva penale, Giuffrè, 2011).
Pertanto, se il termine deontologia ha la sua matrice etimologica nella parola greca dèos-ontos che in italiano si traduce come dovere, essa è la disciplina dei doveri, “la cui conoscenza e osservanza diventano di fondamentale importanza per l’avvocato che sviluppa l’attività difensiva” (E. Stefani, op. cit.).
Lo stesso Avv. Eraldo Stefani parla di un necessario bisogno di “educazione deontologica”: “si è pensato pertanto di abbinare allo studio della normativa delle indagini difensive tutti i codici deontologici degli addetti ai lavori, ivi compreso quello riguardante gli investigatori privati, fosse non solo utile ma anche educativo per un nuovo modo di essere avvocato” (E. Stefani, op. cit.).
Stretto è il legame, quindi, fra educazione e rispetto delle regole, come fondamento della deontologia del processo, oggi: solo la loro osservanza consente di dire che il processo ha garantito in toto l’imputato e, contestualmente, ha permesso di approssimarsi alla verità sostanziale.
La deontologia si colloca visceralmente all’interno del metodo accusatorio poggiato sul contraddittorio orale nella formazione della prova; non è inserita “solo” nella fase del giudizio ma anche nelle fasi preparatorie, nella raccolta e scelta del materiale da presentare al giudice, per la costruzione orale della prova.
Solo così il professionista forense potrà “muovere” i suoi atti di indagine in maniera “blindata” e “sicura”: “il difensore dell’indagine difensiva deve essere estremamente rigoroso sotto il profilo etico e possedere una radicata cultura della legalità, un radicato senso dello Stato e una pronunciata passione di giustizia. Con il patrimonio intellettuale dell’agire corretto questo difensore potrà espletare atti di indagine in condizioni di sicurezza e quindi blindato da qualsivoglia pericolo di responsabilità sia di carattere penale che civile” (E. Stefani, op. cit.).
Ma questa passione per la giustizia coinvolge tutti, anche il consulente, verso il quale il difensore deve pretendere il massimo della trasparenza e della lealtà.
Il consulente tecnico è un collaboratore essenziale, che contribuisce a migliorare la qualità, la dignità, il rispetto rigoroso della toga che il difensore indossa con fierezza (E. Randazzo, Deontologia e tecnica del penalista, Giuffrè, 2000).