di Salvatore Micalizzi e Simone Ferrari
Poniamo l’ipotesi di un soggetto che si ponga alla guida di un’autovettura e provochi un sinistro stradale in stato di ebbrezza alcolica, nonché in stato di alterazione psico-fisica per assunzione di sostanza stupefacente.
Il principio da cui prendere le mosse è che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 Codice della Strada, non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione; in particolare, va escluso che la prova della condotta illecita possa desumersi dall’andatura barcollante dell’imputato, sufficiente per giustificarne la sottoposizione agli accertamenti medico-legali ma non per l’attestazione dello stato di alterazione.
Mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma secondo dell’art. 186 CdS, per la configurabilità del reato ex art. 187 CdS è necessario sia un accertamento tecnico-biologico sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica.
La distinzione fra lo stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanza stupefacente di cui all’art. 187 CdS e la guida sotto l’influenza dell’alcool, di cui all’art. 186 CdS, risiede tanto nell’indifferenza alla quantità di sostanza assunta (che invece determina la diversa sanzione nell’ipotesi dell’alcool), quanto nella rilevanza dell’alterazione psico-fisica causata dall’assunzione di droga.
La scelta legislativa di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza, per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcool oltre una determinata soglia, trova la sua ratio nell’apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell’azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l’assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell’accertata alterazione psico-fisica causata dall’assunzione di stupefacenti.
Nondimeno, sotto diverso profilo, il legislatore condiziona la punibilità all’effettivo accertamento non della mera assunzione della sostanza, ma di uno specifico stato di alterazione da quella derivante, con ciò intendendo la compromissione dei rapporti fra i processi psichici ed i fenomeni fisici che riguardano l’individuo in sé ed i suoi rapporti con l’esterno. Alla sintomatologia dell’alterazione deve dunque accompagnarsi l’accertamento della sua origine e cioè dell’assunzione di una sostanza drogante o psicotropa, non essendo la mera alterazione di per sé punibile, se non derivante dall’uso di sostanza, né essendo tale il semplice uso non accompagnato da alterazione.
Diversamente dall’ipotesi di guida sotto l’effetto di alcool, l’accertamento non può limitarsi né alla sola sintomatologia, né al solo accertamento dell’assunzione, ma deve compendiare i due profili. Laddove siffatto accertamento, senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica, dia esito positivo, l’assenza di soglie implica di per sé l’integrazione del reato.
Ecco che, allora, è la constatazione esteriore della sintomatologia che deve determinare l’avvio del procedimento di cui all’art. 187 CdS, al fine di determinare se essa è correlata all’assunzione di sostanze droganti.
Le modalità di accertamento previste dall’art. 187 CdS, non implicando necessariamente l’accertamento ematico, consentono di far risalire l’origine dell’alterazione psico-fisica all’uso di droghe anche attraverso accertamenti biologici diversi, come l’esame delle urine che, seppur di per sé non esaustivi, sono certamente indicativi della pregressa assunzione.
Il che consente, volta a volta, di attribuirvi rilievo a seconda dell’intensità dell’alterazione psico-fisica, della concentrazione dei metaboliti e della tipologia di sostanza, di elementi di riscontro esterni – fra i quali anche le prove testimoniali, se utili – che consentano di elidere l’eventuale equivocità degli altri dati.
Ora, a fronte della positività al test alcolimetrico e in assenza di un approfondimento ulteriore sullo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, occorre affrontare il riscontro di quegli elementi di elisione dell’equivocità del quadro risultante dagli accertamenti svolti, idoneo ad affermare che al verificato stato di ebbrezza alcolica, si accompagni lo stato di alterazione psico-fisica causato dall’assunzione di stupefacenti.
Ed invero, anche in presenza di stato di ebbrezza è possibile procedere all’accertamento dello stato di alterazione da stupefacenti, a mezzo dell’esame delle urine, ma il dato chimico rilevato sui liquidi fisiologici, qualora privo di quell’univocità consentita dagli esami ematici, va sostenuto con elementi che assicurino certezza al quadro probatorio della derivazione dello stato psico-fisico da uso di stupefacente, quali, a mero titolo di esempio, particolari condizioni fisiche, tipiche dell’assunzione di quella forma di stupefacente, o rilevazione del tipico odore nel caso di cannabinoidi o dell’hashish (sul punto v. Cass. pen., Sez. IV, n. 41376/2018).