di Simone Ferrari
Ai sensi dell’art. 391 bis, comma 5 bis, c.p.p., nei procedimenti (penali) per i delitti di
maltrattamenti, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, pornografia virtuale, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, adescamento di minorenni, atti persecutori,
il difensore, quando assume informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile.
È agevole ritrovare in questa norma un’ipotesi di squadra fra l’avvocato-investigatore e lo psicologo-criminologo (e/o lo psichiatra infantile-criminologo): la dottrina ha infatti parlato di innovazione legislativa “multidisciplinare” (L. Suraci).
Questo comma 5 bis è stato aggiunto dalla L. n. 172/2012 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno): la legge si è preoccupata di salvaguardare, da un lato, la correttezza metodologica – sotto i profili dell’approccio, della comunicazione e della comprensibilità – dell’interrelazione fra l’investigante e la persona intervistata, dall’altro lato, l’integrità psico-fisica di quest’ultima rispetto ai possibili turbamenti connessi all’inserimento nel circuito processuale penale.
Va ritenuto che l’esperto in psicologia o in psichiatria infantile (non v’è la necessità di predisporre specifici albi professionali) debba mediare la relazione investigativa, potendo sì esprimere opinioni sull’affidabilità del dichiarante e sulla genuinità delle dichiarazioni, senza però sostituire l’autorità procedente nell’esecuzione effettiva dell’audizione.
Ferma restando l’opportunità di un ricorso generalizzato alla figura dell’esperto, nel caso di attività investigativa preventiva non vi è l’obbligo di osservare la regola di garanzia posta dal comma 5 bis.
Quanto alla tipologia dell’intervento acquisitivo, la norma non estende l’adozione della garanzia al colloquio informale e alla ricezione di dichiarazioni, limitando l’ambito di operatività di esse al difensore che assume informazioni da persone minori (consiglieremmo peraltro la ripresa audiovisiva): soluzione corretta, dal momento che il colloquio informale ha uno scopo conoscitivo, funzionale al decidere consapevolmente se procedere o meno con l’assunzione informazioni garantita.
Nell’ipotesi, infine, in cui il difensore ometta di avvalersi dell’ausilio dell’esperto in parola, le informazioni assunte non possono essere utilizzate (oltre a ricorrere un illecito disciplinare).
Dal punto di vista deontologico, l’art. 56 del Codice Deontologico Forense stabilisce che l’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.
In particolare, l’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
La violazione di questi doveri e divieti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.