L’irrecuperabile realtà in cui, ad oggi, si è costretti a vivere ritengo sia frutto di una società malata. Si ha la costante sensazione di trovarsi all’interno di una realtà sempre più squilibrata, dove il rispetto è un concetto vuoto, privo di significato e l’etica è vista come il più grande dei mali.
La delinquenza è un fenomeno che posa le sue radici sul concetto di devianza, ovvero quell’insieme di comportamenti che si allontanano dalle norme sociali, ed è proprio violandole, proprio attraverso quest’atto di trasgressione che viene espresso il bisogno di sentirsi parte integrante della società, di avere un’identità al suo interno.
I modelli aggressivi forniti dagli adulti, ripresi dai telegiornali, le fiction, i film e le serie tv, i messaggi culturali, mediatici, familiari unitamente ai social, hanno drasticamente abbassato il livello di percezione dell’illecito nelle menti; hanno prodotto nelle menti umane, e ancor di più in quelle in piena età formativa come quella degli adolescenti, la convinzione che sia possibile offendere, manipolare e sottomettere altri simili, senza far minimo accenno a ciò che viene definito senso di colpa.
Tendenzialmente è sottovalutato l’approccio distorto dei giovani alla vita, alla realtà. Approccio che con molta facilità conduce ad emulare comportamenti antisociali, violenti e alienanti senza sentirsi minimante né deviati né malati. L’adolescenza è un momento delicato che può diventare difficile in presenza di particolari condizioni familiari. Può capitare che l’esigenza di sentirsi parte di un gruppo rafforzi la necessità di affermarsi; essere accettati in un modo o nell’altro induce l’adolescente ad identificare il proprio gruppo dei pari in aggregazioni di giovani criminali. È così che si formano le baby-gang, i cui componenti sono accomunati dal desiderio di essere rispettati dalla società, di trasgredire e di sentirsi invincibili, sino a sviluppare soddisfazione personale di fronte al danno inflitto ad un proprio simile.
Questo fenomeno, conosciuto come criminalità giovanile, che si identifica in comportamenti come furti, scippi, rapine, atti vandalici, violenza contro le persone, spaccio e uso di stupefacenti, sino ad arrivare all’omicidio, oggi è in forte aumento soprattutto nelle grandi città del Sud, fra cui Catania.
Catania, ad oggi, è una delle città più pericolose d’Europa, come del resto hanno riportato diversi quotidiani. Divisa in quartieri e periferie, con una percentuale elevata di persone appartenenti al “popolo dei quartieri”, quello stesso popolo per cui tutti, fra una candidatura e l’altra, da sempre, promettono qualcosa ma che di fatto nemmeno loro hanno mai capito cosa. Spaccio, furti, detenzione illegale di armi, crimini di vario genere, baby-gang o gang che si sentono pienamente legittimate a poter compiere atti di bullismo e criminalità, andando in giro per la città con l’obiettivo di spaventare chiunque gli si presenti davanti, minacciandolo con coltelli e armi di qualunque tipologia in loro possesso perché “ca cumannamu nuatri” (qui comandiamo noi). E ancora, distruggendo, smontando autovetture a qualunque ora e in qualunque parte della città, come fosse roba di loro proprietà.
Tra i fatti di cronaca si sente sempre più spesso parlare di reati compiuti da giovani, che si uniscono con l’obiettivo unico di seminare violenza e terrore, fra i propri coetanei e fra gli adulti. I componenti sono prevalentemente soggetti problematici, provenienti da contesti e situazioni sociali particolari, con basso o assente livello di scolarizzazione, povertà relativa, uno o entrambi i genitori detenuti o con precedenti penali alle spalle, disoccupati o sottoccupati. In questo momento storico di fragilità sociale non si può star fermi, non si ha alcun diritto di rimanere inermi. Le logiche dei quartieri, dove per farsi le ossa bisogna dimostrare di valere attraverso atti violenti e vandalici, appartengono ad un concetto di criminalità legata al bisogno, alla mancanza di alternative, scaturite da un divario sociale sempre più evidente e marcato. Per molti di noi, i fatti di cronaca a cui si assiste sono solo le ennesime brutte storie che naufragano tra l’ultimo video di Tik Tok e le ultime notizie del fantacalcio. Ho da sempre osservato con totale sdegno il modo becero con cui un’elevatissima percentuale della popolazione passi sopra tutto, come nulla fosse. Tutti sono tendenzialmente portati a farsi i fatti propri ma non per rispetto, questo sconosciuto nemico, ma per noncuranza del prossimo. Ancor più sconvolgente è un pestaggio a cui tanti assistono senza muovere un dito, perché ciò che realmente importa è filmare tutto per poi postarlo sui social, perché è lì che regna la legge del più forte. La società è malata di indifferenza e tutti noi siamo sempre più distaccati da essa, pronti a digitare faccine che piangono, ma incapaci di versare lacrime vere. Pronti a condividere frasi di sostegno per una qualunque vittima di stupro o violenza, ma incapaci di intervenire quando e se ciò accade davanti ai nostri occhi.
Sarà forse che questa invivibile realtà fa comodo a qualcuno? Forse un popolo affamato e abbandonato alla propria realtà è più manipolabile e lo si può accontentare con poco in cambio di consensi? Lascio così i lettori, con un quesito su cui spero nascano riflessioni degne di nota. Riflessioni che facciano comprendere cosa realmente ci sia dietro ogni comportamento deviante, cosa porti a compiere atti di tale violenza e brutalità, quale sia la causa primigenia della realtà a cui siamo tutti costretti ad assistere, e con tutti non si fa riferimento solo a quella parte “sana” della popolazione, ma anche a quella parte “non sana” che è costretta a richiamare l’attenzione del prossimo attraverso meri atti violenti, in linea con la propria scuola di vita.
E ricordate, miei cari lettori, se qualcuno ha costruito figure di Cabaret, che con ironia e sarcasmo accentuano le diversità, altri, anziché indignarsi, ci ridono sopra consapevoli che tanto “Satania”, perché è così che viene soprannominata Catania, sarà sempre così.