di Pasqualino Marsico

Sono sempre stato dell’idea che non bisogna violare le norme non per paura della punizione prevista, ma perché si crede nel principio espresso in esse.

Chi sono io per giudicare le azioni di una persona e, soprattutto, cosa farei io al suo posto?

Prescindendo da ogni considerazione (morale e giuridicamente rilevante) già espressa in diversi articoli e post presenti nel web, in questo brevissimo scritto vorrei esprimere un pensiero in relazione a tutti coloro che, nonostante il momento emergenziale, continuano a circolare curandosi poco delle conseguenze delle proprie azioni e molto di più dei rimedi attuabili per certificare al meglio la liceità del proprio agire.

Appare rilevante ripetere ciò che si può e ciò che non si può fare nonostante ormai si apprenda ovunque, dai social alle TV, dalle testate giornalistiche ai passaparola. Molti si sono spinti ad interpretare nel dettaglio ogni singola attività, ma la cosa importante è ripetere che non si può uscire di casa a meno che non ci siano dei comprovati motivi: il DPCM 8/3/2020 riferisce esplicitamente il divieto di spostamento se non per «comprovate esigenze lavorative» o «situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute». La linea imposta dal decreto prevede di mantenere sempre, in ogni caso, la distanza di almeno un metro dalle altre persone. A tal proposito, la Direttiva del Ministro dell’Interno 8/3/2020 stabilisce che l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono la possibilità di spostamento incombe sull’interessato; onere che può essere ossequiato compilando la ormai notissima “autodichiarazione”.

L’art. 4, co. 2, DPCM 8/3/2020 stabilisce che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui allo stesso decreto è punito ai sensi dell’art. 650 c.p. Si tratta di una contravvenzione, ovvero dell’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, che punisce chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad € 206. Risulta fondamentale rilevare che il reato è punito anche solo a titolo di colpa: non è richiesto il dolo per la configurazione del reato.

Venendo al concreto, mi sembra giusto sottolineare che non è vietato raggiungere la propria abitazione (se ci si è allontanati per i motivi indicati nel DPCM), ma è necessario che ognuno si assuma la responsabilità delle proprie azioni!

Vorrei sottolineare che l’art. 650 c.p. punisce solo l’inosservanza della disposizione dell’Autorità, ma non gli effetti che la stessa inosservanza eventualmente produce.

Mi spiego meglio: se consapevolmente si trasgredisce al decreto e si infettano due o più persone – non sapendo di aver contratto il virus – si potrebbe rispondere del delitto previsto dall’art. 452 c.p., che punisce chiunque commette, colposamente, delitti contro la salute pubblica.

Se, viceversa, si è consapevoli di aver contratto il virus (anche meramente sotto la forma del dolo eventuale) e si esce di casa infettando altri, si potrebbe rispondere del gravissimo reato di epidemia – art. 438 c.p. – punito addirittura con la pena dell’ergastolo.

Chiaramente, qualora la condotta dovesse limitarsi alla violazione del decreto, ci si tutelerà con tutte le possibilità che il legislatore concede a chi sbaglia e compie contravvenzioni (oblazione, messa alla prova, ecc.).

Mi chiedo però … cosa ci costa sacrificarci per qualche giorno?

#StiamoACasa #Covid19 #Riflessioni