I – L’investigazione difensiva costituisce al tempo stesso un diritto e un dovere dell’avvocato. È un diritto nei rapporti con l’autorità giudiziaria, che deve permetterne la libera esplicazione; è un dovere (Tonini) nei rapporti con il cliente, in quanto l’attività difensiva può richiedere, per essere efficace, che vengano svolte indagini.

Ai sensi dell’art. 55 Codice deontologico forense (Rapporti con i testimoni e persone informate), l’avvocato non deve intrattenersi con testimoni o persone informate sui fatti oggetto della causa o del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.

Il difensore, nell’ambito del procedimento penale, ha facoltà di procedere ad investigazioni difensive nei modi e termini previsti dalla legge e nel rispetto delle disposizioni che seguono e di quelle emanate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, su cui ci soffermeremo a breve.

A) Il difensore deve mantenere il segreto sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse della parte assistita.

Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti, collaboratori, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche nell’ipotesi di segretazione degli atti, imponendo il vincolo del segreto e l’obbligo di comunicare esclusivamente a lui i risultati dell’attività.

B) Il difensore deve conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo necessario o utile all’esercizio della difesa.

C) Gli avvisi, che il difensore e gli altri soggetti eventualmente da lui delegati sono tenuti a dare per legge alle persone interpellate ai fini delle investigazioni, devono essere documentati per iscritto.

D) Il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente delegati non devono corrispondere alle persone, interpellate ai fini delle investigazioni, compensi o indennità sotto qualsiasi forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole spese documentate.

E) Per conferire con la persona offesa dal reato, assumere informazioni dalla stessa o richiedere dichiarazioni scritte, il difensore deve procedere con invito scritto, previo avviso all’eventuale difensore della stessa persona offesa, se conosciuto; in ogni caso nell’invito è indicata l’opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perché intervenga all’atto.

F) Il difensore deve informare i prossimi congiunti della persona imputata o sottoposta ad indagini della facoltà di astenersi dal rispondere, specificando che, qualora non intendano avvalersene, sono obbligati a riferire la verità.

G) Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte; quando è disposta la riproduzione, anche fonografica, le informazioni possono essere documentate in forma riassuntiva.

Il difensore non deve consegnare copia o estratto del verbale alla persona che ha reso informazioni, né al suo difensore.

In caso di violazioni, sono previste le sanzioni disciplinari della censura (B, C, E, F, G), della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi (forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti) e della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno (A, D).

Da sottolineare che il CNF, con sentenza 23/12/2017, n. 229 – ricordando che l’invito rivolto alla persona offesa da reato deve essere scritto e occorre sia dato avviso al difensore della stessa (se conosciuto), indicando espressamente l’opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perché intervenga all’atto – ha stabilito che la violazione di tali obblighi ha conseguenze disciplinari, le quali prescindono dalla dichiarazione di inutilizzabilità delle indagini stesse da parte dell’autorità giudiziaria.

II – In relazione al Codice in materia di protezione dei dati personali, esso incide sulle indagini difensive penali sotto due profili: 1) le investigazioni devono svolgersi in modo da garantire al loro interno la riservatezza dei dati raccolti; 2) all’esterno incontrano i limiti di riservatezza con i quali gli interessati proteggono i dati della propria vita privata.

Va tuttavia chiarito fin da subito che il diritto di difendersi mediante prove di regola prevale sul diritto alla riservatezza di un fatto della vita privata (Tonini; Cass. pen., Sez. II, n. 6812/2013: “le videoregistrazioni, compiute tramite l’impianto di sorveglianza apposto dalla persona offesa all’esterno del proprio negozio, non possono essere considerate prove illegittimamente acquisite, a mente dell’art. 191 c.p.p., trattandosi, al contrario, di prove documentali, di cui il codice di rito consente l’acquisizione. In tale contesto, è del tutto irrilevante che le registrazioni siano state effettuate nel rispetto o meno delle istruzioni impartite dal Garante per la protezione dei dati personali, poiché la disciplina in materia di privacy non interferisce con l’esercizio dell’azione penale”).

Inoltre, fra le novità del recentissimo D. Lgs. n. 101/2018 (Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE – RGPD), segnaliamo:

  • il nuovo art. 2 undecies D. Lgs. n. 196/2003 (Limitazioni ai diritti dell’interessato), secondo cui i diritti di cui agli artt. da 15 a 22 del Regolamento non possono essere esercitati con richiesta al titolare del trattamento ovvero con reclamo ai sensi dell’art. 77 del Regolamento qualora dall’esercizio di tali diritti possa derivare un pregiudizio effettivo e concreto allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria;
  • la modifica dell’art. 132 D. Lgs. n. 196/2003 (Conservazione di dati di traffico per altre finalità). In particolare, il difensore dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini può richiedere direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le modalità indicate dall’art. 391 quater c.p.p. D’altro canto, la richiesta di accesso diretto alle comunicazioni telefoniche in entrata può essere effettuata solo quando possa derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive.

Orbene, vi è una distinzione fondamentale tra l’investigazione difensiva su dati sensibili e su dati non sensibili.

II.1 – Circa i dati sensibili, il difensore trovava i suoi poteri regolamentati nell’autorizzazione generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 4/2016, mentre l’indagine svolta dall’investigatore privato era regolamentata nell’autorizzazione n. 6/2016.

Oggi, ai sensi dell’art. 21 D. Lgs. n. 101/2018 (Autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali), il Garante, con provvedimento di carattere generale da porre in consultazione pubblica individua le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali già adottate, relative alle situazioni di trattamento di cui agli artt. 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), 9, paragrafo 2, lettera b) e 4, nonché al Capo IX del Regolamento (UE) 2016/679, che risultano compatibili con le disposizioni del medesimo Regolamento e del decreto e, ove occorra, provvede al loro aggiornamento.

Salvo che il fatto costituisca reato, le violazioni delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali e nel provvedimento generale sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all’art. 83, paragrafo 5, del Regolamento (UE) 2016/679 (sanzione amministrativa pecuniaria fino a 20 000 000 EUR o, per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore).

Del resto, i dati sensibili possono essere trattati ove ciò sia strettamente indispensabile per l’esecuzione di specifiche prestazioni professionali richieste dai clienti per scopi determinati e legittimi; il trattamento è ammesso solo se l’incarico non possa essere svolto mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa.

I dati raccolti possono essere trattati solo per il tempo strettamente necessario al perseguimento di tale finalità; se invece il trattamento ha una durata eccedente tale periodo, sono richiesti sia l’informativa che il consenso scritto dell’interessato. I dati possono essere comunicati nei limiti strettamente pertinenti all’espletamento dell’incarico conferito e nel rispetto, in ogni caso, del segreto professionale.

II.2 – Riguardo ai dati non sensibili, non è necessario che l’interessato esprima il consenso al trattamento, né gli deve essere data la comune informativa perché egli non ha il diritto di opporsi al trattamento.

I dati devono essere trattati esclusivamente per le finalità (indicate dal difensore) concernenti l’investigazione difensiva o la tutela giudiziaria di un diritto e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (formazione del giudicato).

Peraltro, quando si raccolgono informazioni personali presso un soggetto, questi deve essere informato sulla finalità dell’intervista e sull’identità di colui che opera il trattamento (anche quando si tratta di un colloquio non documentato).

II.3 – Esiste altresì un Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali n. 60 del 6/11/2008), inserito nell’allegato A del D. Lgs. n. 196/2003, a norma dell’art. 1 DM 2/12/2008: si tratta dell’allegato A.6 del Codice in materia di protezione dei dati personali.

Ex art. 20 D. Lgs. n. 101/2018 (Codici di deontologia e di buona condotta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto), le disposizioni contenute nei codici riportati negli allegati A.1, A.2, A.3, A.4 e A.6 del Codice in materia di protezione dei dati personali continuano a produrre effetti fino alla pubblicazione delle disposizioni di cui appresso. Segnatamente, il Garante verifica la conformità al Regolamento (UE) 2016/679 delle disposizioni predette: quelle ritenute compatibili, ridenominate regole deontologiche, sono pubblicate nella GU e, con decreto del Ministro della giustizia, sono successivamente riportate nell’allegato A del Codice in materia di protezione dei dati personali.

In sintesi, le disposizioni di questo Codice di deontologia e di buona condotta devono essere rispettate nel trattamento di dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sia nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica all’instaurazione di un eventuale giudizio, sia nella fase successiva alla sua definizione, da parte di avvocati, praticanti avvocati e investigatori privati. Le disposizioni si applicano, altresì, a chiunque tratti dati personali per le predette finalità, in particolare ad altri liberi professionisti o soggetti che in conformità alla legge prestino, su mandato, attività di assistenza o consulenza per le medesime finalità.

II.3.A – L’avvocato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i principi di finalità, necessità, proporzionalità e non eccedenza sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi.

Nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto agli incaricati del trattamento da designare e ai responsabili del trattamento prescelti facoltativamente, sono formulate concrete indicazioni in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare, a seconda del loro ruolo di sostituto processuale, di praticante avvocato con o senza abilitazione al patrocinio, di consulente tecnico di parte, perito, investigatore privato o altro ausiliario che non rivesta la qualità di autonomo titolare del trattamento, nonché di tirocinante, stagista o di persona addetta a compiti di collaborazione amministrativa.

Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i dati medesimi risultino strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa, in conformità ai principi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non eccedenza rispetto alle finalità difensive.

L’avvocato può fornire in un unico contesto, anche mediante affissione nei locali dello Studio e, se ne dispone, pubblicazione sul proprio sito Internet, anche utilizzando formule sintetiche e colloquiali, l’informativa sul trattamento dei dati personali e le notizie che deve indicare ai sensi della disciplina sulle indagini difensive.

Nei rapporti con i terzi e con la stampa possono essere rilasciate informazioni non coperte da segreto qualora sia necessario per finalità di tutela dell’assistito, ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei principi di finalità, liceità, correttezza, indispensabilità, pertinenza e non eccedenza, nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge e del Codice deontologico forense.

II.3.B – Parimenti, l’investigatore privato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità sopraddette. Egli non può intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per iscritto e solo per le finalità di cui al Codice.

L’atto d’incarico deve menzionare in maniera specifica il diritto che si intende esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimento penale al quale l’investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustificano l’investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa.

L’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico.

Nel caso in cui si avvalga di collaboratori interni designati quali responsabili o incaricati del trattamento, l’investigatore privato formula concrete indicazioni in ordine alle modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione ad essi richiesta.

Il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico devono essere informati periodicamente dell’andamento dell’investigazione, anche al fine di permettere loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo all’esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova.

Inoltre, l’investigatore privato si astiene dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge.

I dati personali trattati dall’investigatore privato possono essere conservati per un periodo non superiore a quello strettamente necessario per eseguire l’incarico ricevuto.

Infine, l’investigatore privato può fornire l’informativa in un unico contesto, ponendo in particolare evidenza l’identità e la qualità professionale dell’investigatore, nonché la natura facoltativa del conferimento dei dati.